INTERVISTA
Catalogo
esposizione Exhibition catalogue
INDICE
MASCHERA SCENICA APS...................................................................................................................................................6 - 7 MISMAS-cherati.................................................................................................................................................................8 - 9 LA MASCHERA - THE MASK.........................................................................................................................................10 - 11 LA MASCHERA TOPENG - THE TOPENG MASK.......................................................................................................................13 LA MASCHERA GRECA - THE GREEK MASK.....................................................................................................................20 - 21 LA MASCHERA ATELLANA - THE ATELLANA MASK.................................................................................................................26 LA MASCHERA VENEZIANA - THE VENETIAN MASK........................................................................................................29 -30 LA MASCHERA IN COMMEDIA DELL’ARTE - THE MASK IN COMMEDIA DELL’ARTE........................................................39 - 40 LA MASCHERA NEUTRA - THE NEUTRAL MASK......................................................................................................................74 LA MASCHERA LARVALE - THE LARVAL MASK................................................................................................................77 - 78
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LA MASCHERA NEL TEATRO MODERNO - THE MASK IN THE MODERN THEATRE.................................................................84 LA MASCHERA EROTICA - THE EROTIC MASK.....................................................................................................................101 LA MASCHERA ECOLOGICA - THE ECOLOGIC MASK............................................................................................................113 LA MASCHERA LIGNEA........................................................................................................................................................117 LA MASCARE DI LEN (Friulano)............................................................................................................................................120 LESENA MASKA (Sloveno)....................................................................................................................................................123 THE WOODEN MASK............................................................................................................................................................125 L’ASSOCIAZIONE “Mascarârs di Tarcint”...........................................................................................................................147 CARNEVALE TARCENTINO...................................................................................................................................................148 IL TOMÂT.............................................................................................................................................................................150 COSTRUZIONE DI UN TOMÂT..............................................................................................................................................151 “i Mascarârs di Tarcint” ASSOCIATION...............................................................................................................................152 CARNIVAL OF TARCENTO....................................................................................................................................................153 THE TOMÂT..........................................................................................................................................................................155 CONSTRUCTION OF A TOMÂT.............................................................................................................................................156
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MASCHERA SCENICA APS
Maschera Scenica APS è un’associazione di promozione sociale
nata nel 2021 che riunisce professioniste/i dell’artigianato,
delle arti performative e teatrali, nonché persone che amano la maschera e il suo utilizzo.
Salvaguardare, valorizzare e contribuire a diffondere la maschera realizzata in materiali diversi, ripercorrendone i diversi ambiti di origine ed uso, è un impegno particolarmente sentito dall’Associ- azione.
Uno degli obiettivi di Maschera Scenica è di creare una rete di co- noscitori e cultori che vogliano collaborare alla promozione della maschera, come soggetto artistico e culturale con valenza sociale, nonché a salvaguardare e tramandare il lavoro e sapere artigianale che è alla base della produzione.
A tal fine organizza:
- esposizioni di maschere provenienti dalle collezioni private dei soci di Maschera Scenica, create specificatamente per spettacoli teatrali, cinema ed eventi legati a tradizioni etnografiche.
- laboratori dimostrativi tenuti dai maestri artigiani sulla costruzi- one della maschera, realizzata in cuoio, cartapesta e altri materiali;
- stage che presentano l’uso della maschera sulla scena teatrale;
- spettacoli teatrali che spaziano dalla Commedia dell’Arte, alla
danza e al teatro contemporanei;
- tavoli di discussione e di lavoro condivisi tra i soci e intesi come scambio di idee, nuovi proponimenti e collaborazioni sul tema della maschera.
“Ci fu un tempo in cui la maschera veniva usata per le cerimonie, perché si pensava che il solo volto non fosse abbastanza forte. Venne il momento in cui la maschera fu scelta dai grandi del teatro classico: Eschilo, Sofocle, Euripide. Venne il tempo in cui l’attore superbo non volle coprire il suo volto e gettò la maschera. Un
tempo per il gioco dei bimbi e le feste mascherate. Oggi dobbiamo creare una maschera nuova, rifiutando di ricorrere all’archeologia del passato, che riesca a dare un volto all’anima dell’attore per fare più grande il teatro.”
Edward Gordon Craig – The Mask (1908-29)
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MASCHERA SCENICA APS
Maschera Scenica APS is a social promotion association founded in 2021 that brings together professionals from the crafts, perform- ing and theatrical arts, as well as people who love the mask and
its use.
Safeguarding, valorising and helping to disseminate the mask
made of different materials, tracing its different areas of origin and use, is a commitment that is particularly felt by the Association.
One of Maschera Scenica’s objectives is to create a network of connoisseurs and connoisseurs who wish to collaborate in the promotion of the mask as an artistic and cultural subject with
social value, as well as to safeguard and hand down the work and craftsmanship that underlies its production.
To this end it organises:
- exhibitions of masks from the private collections of Maschera Scenica members, created specifically for theatrical performances, cinema and events linked to ethnographic traditions
- demonstration workshops held by master craftsmen on the construction of the mask, made of leather, papier-mâché and
other materials;
- stages presenting the use of the mask on the theatre stage;
- theatre performances ranging from the Commedia dell’Arte to
contemporary dance and theatre;
- discussion and work tables shared between members and in- tended as an exchange of ideas, new proposals and collaborations on the theme of the mask.
“There was a time when the mask was used for ceremonies, because it was thought that the face alone was not strong enough. The time came when the mask was chosen by the greats of classi- cal theatre: Aeschylus, Sophocles, Euripides. The time came when the haughty actor did not want to cover his face and threw off the mask. There was a time for children’s games and masked parties. Today we must create a new mask, refusing to resort to the archae- ology of the past, one that manages to give a face to the soul of the actor in order to make theatre greater.”
Edward Gordon Craig - The Mask (1908-29)
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MISMAS-cherati
“MISMAS-cherati”, proposto da Maschera Scenica, è un progetto itinerante che si concretizza per la prima volta in Friuli Venezia Giulia, territorio composto da due regioni con caratteristiche storico-culturali diverse, col desiderio di porre l’attenzione sulla maschera italiana e sul modo attuale in cui essa è concepita e interpretata, creando occasioni di scambio e comparazione con realtà culturali ed artistiche differenti per riscoprirne le origini sociali e rinsaldare il legame con le tradizioni del passato,
partendo dalla maschera come elemento antropologico comune
alla civiltà europea e non solo.
Obiettivo non secondario è il confronto generazionale su un tema comune che può suggerire punti di vista diversi e che avverrà in spazi espositivi dedicati alla maschera, con laboratori sulla
costruz- ione e uso della stessa attraverso percorsi pedagogici e didatti- co-artistici rivolti alle scuole, a partire da quelle
dell’infanzia.
Il tema centrale della maschera permette di mettere a fuoco ed
es- plorare aree di interesse collettivo: è uno strumento di dialogo ed appartenenza usato dalle società fin dai tempi antichi per mettere in connessione gli appartenenti ad una comunità e consolidare le relazioni sociali.
“MisMas-cherati” espone opere che hanno per soggetto la maschera, realizzate da mascherai professionisti dell’Italia e dell’es- tero in materiali diversi (cartapesta, cuoio, garza gessata, legno
e altri materiali) e di tipologie che vanno dalle maschere della Commedia dell’Arte, Larvali, Lignee e della tradizione veneziana;
organizza un ciclo di conversazioni con la volontà di creare un am- biente multiculturale di scambio e condivisione sulla costruzione e usi della maschera stessa.
Il progetto intende pertanto valorizzare nella contemporaneità le
forme di mascheramento sopravvissute allo scorrere del tempo,
l’importanza del mestiere artigianale e della rappresentazione
scenica per riscoprire il filo invisibile che connette gli esseri
umani, al di là di ogni diversità apparente.
“Non dal volto si conosce l’uomo, ma dalla maschera.”
- Karen Blixen –
MISMAS-cherati
“MISMAS-cherati”, proposed by Maschera Scenica, is an itinerant project that will be realised for the first time in Friuli Venezia Giulia, a territory composed of two regions with different historical-cul- tural characteristics, with the desire to focus attention on the
Italian mask and on the current way in which it is conceived and interpreted, creating opportunities for exchange and comparison with different cultural and artistic realities in order to rediscover
its social origins and strengthen the bond with past traditions, starting from the mask as an anthropological element common to European civilisation and beyond.
A not secondary objective is the generational confrontation on
a common theme that can suggest different points of view and
that will take place in exhibition spaces dedicated to the mask,
with workshops on its construction and use through pedagogical and didactic-artistic paths addressed to schools, starting from childhood.
The central theme of the mask allows us to focus on and explore areas of collective interest: it is an instrument of dialogue and be- longing used by societies since ancient times to connect members of a community and consolidate social relations.
“MisMas-cherati” exhibits works that have the mask as their sub- ject, created by professional masqueraders from Italy and abroad in different materials (papier-mâché, leather, chalked gauze,
wood and other materials) and of types ranging from Commedia dell’Arte masks, Larvali, wooden masks and traditional Venetian
masks; it organises a cycle of conversations with the intention of creating a multicultural environment of exchange and sharing on the construction and use of the mask itself.
The project therefore intends to highlight contemporary forms of masking that have survived the passage of time, the importance of craftsmanship and scenic representation to rediscover the invisible thread that connects human beings, beyond all apparent diversity.
“Not from the face does one know man, but from the mask.”
- Karen Blixen –
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LA MASCHERA
Come si può definire la Maschera?
La maschera è un oggetto che va indossato sul viso, realizzata
con stracci gessati o in carta o cuoio, è divenuta uno strumento di comunicazione con valenza etno-antropologica diversa per ogni epoca e parte del mondo.
Questo non facilita il tentativo di tracciare la storia di questo manufatto che assume significati diversi a seconda che sia usato in ambito sacro e profano, mistico e religioso, o in spettacoli di danza e teatro.
Anticamente la sua funzione era quella di diventare lo strumento
di comunicazione tra gli uomini e la divinità in rituali tribali, fune- bri e mistici e consentiva di proiettarsi in un mondo “altro”.
In latino la maschera era detta persona e definiva l’oggetto da in- dossare che consentiva di caratterizzare una categoria di persone (vecchi, giovani, servi), l’esatto opposto del nostro considerare “persona” ogni individuo con una identità propria.
Nel Medioevo la maschera aveva perso la simbologia magica ed
era adoperata soprattutto durante feste mascherate dissacranti, mentre dal Rinascimento e fino al 1700, grazie alle commedie dell’arte, l’uso delle maschere come travestimento coincideva col momento in cui i “personaggi mascherati” sono entrati a far parte del teatro all’italiana, esportato poi all’estero.
La maschera è dunque sempre esistita, ha assunto significati antropomorfici diversi a seconda dell’uso per cui è stata impiegata e, anche se le etimologie della parola sono molte e più o meno veritiere, si può concordare sul fatto che l’elemento maschera è ancor oggi legato sia al tentativo di dissimulare il proprio carattere per mostrarsi diversi da come si è nella realtà.
L’archetipo della Maschera può essere definito come una figura difensiva interiore, uno scudo psichico che ci aiuta a proteggere la nostra essenza più profonda dal mondo esterno.
“Tutto sommato la Persona non è nulla di reale”
- Carl Gustav Jung –
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THE MASK
How can the mask be defined?
The mask is an object to be worn on the face, made of chalked
rags or paper or leather, it has become a communication tool with ethno-anthropological significance that differs for each era and part of the world.
This does not make it any easier to trace the history of this
artefact, which takes on different meanings depending on whether it is used in sacred and profane, mystical and religious contexts,
or in dance and theatre performances.
In ancient times, its function was to become the instrument of communication between men and the divinity in tribal, funeral
and mystical rituals and allowed one to project oneself into an ‘other’ world.
In Latin, the mask was called a persona and defined the object to be worn that made it possible to characterise a category of people (old, young, servants), the exact opposite of our considering every individual with his or her own identity to be a ‘person’.
In the Middle Ages, the mask had lost its magical symbolism and was mainly used during desecrating masked parties, while from the Renaissance until the 1700s, thanks to the commedia
dell’arte, the use of masks as disguises coincided with the
moment when ‘masked characters’ became part of Italian-style theatre, later exported abroad.
The mask has therefore always existed, it has taken on different anthropomorphic meanings depending on the use to which it has been put and, even if the etymologies of the word are many and more or less true, it can be agreed that the mask element is still today linked to the attempt to dissimulate one’s character in order to show oneself different from how one is in reality.
The mask archetype can be defined as an inner defensive figure, a psychic shield that helps us protect our deepest essence from the outside world.
“All in all, the Persona is nothing real”.
- Carl Gustav Jung –
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LA MASCHERA TOPENG
Il teatro balinese ha una lunga e ricca storia, che risale almeno al XIV secolo.
Una delle caratteristiche principali è la sua forte connessione con la religione e la spiritualità, infatti molti dei personaggi rappresen- tati sono tratti dalla mitologia indù.
Il Topeng (che significa maschera) è un’arte tradizionale indonesi- ana, che utilizza maschere per rappresentare personaggi mitologi-
ci e storici in un misto di danza, teatro e recitazione.
Il performer è accompagnato da musicisti che suonano gamelan, l‘orchestra tradizionale indonesiana.
Oltre ad essere una forma d’arte il Topeng rappresenta anche un importante mezzo di comunicazione e di trasmissione delle tradizioni culturali e storiche indonesiane.
il
THE TOPENG MASK
Balinese theatre has a long and rich history, dating back to at least the 14th century.
One of its main characteristics is its strong connection with reli-
gion and spirituality, as many of the characters depicted are
taken from Hindu mythology.
Topeng (meaning mask) is a traditional Indonesian art, which
uses masks to represent mythological and historical characters in
a
mixture of dance, theatre and acting.
The performer is accompanied by musicians playing the gamelan,
the traditional Indonesian orchestra.
Besides being an art form, Topeng is also an important means
of communication and transmission of Indonesian cultural and
historical traditions.
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LA MASCHERA GRECA
Le maschere del teatro antico non si possono separare da quelle di culto, poiché ne sono una semplice varietà. Le maschere dalle pro- cessioni sacre furono trasferite al teatro: indizio di tale passaggio
è l’esclusione delle donne sia dalle pratiche rituali che da quelle teatrali; una scelta che rendeva ancora più necessario l’utilizzo di maschere per rappresentare i personaggi femminili.
In Grecia il più antico e illustre teatro stabile dell’età classica,
quello di Atene, faceva parte di un santuario.
Qui dai cori e dalle danze primitive delle Dionisie in cui inter-
venivano attori camuffati da ”sacri caproni” si svolse la tragedia,
ben presto seguita dalla commedia o dal dramma satiresco.
Fu Tespi l’autore drammatico greco che introdusse le prime
maschere nel VI secolo a.C.
Se Tespi introdusse nel teatro la maschera tragica, s’ignora il nome
dell’inventore della maschera comica, la quale, tuttavia, per le
molte rappresentazioni, appare meglio documentata.
In genere le maschere erano bianche per rappresentare le donne
e brune per gli uomini e tutte erano abbastanza caratteristiche da
esprimere questo o quello stato d’animo; coprivano il capo dell’at-
tore e avevano per lo più una grande apertura boccale a forma di
imbuto che fungeva da risuonatore della voce.
Da notare che gli stessi personaggi non comparivano sulla scena
sempre con la stessa maschera, ma con maschere diverse a secon- da dello stato d’animo che essi esprimevano, per rendere facile al pubblico la fruibilità dell’opera.
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THE GREEK MASK
The masks of ancient theatre cannot be separated from those of worship, as they are a mere variety of them. Masks from sacred processions were transferred to theatre: an indication of this
transfer is the exclusion of women from both ritual and theatrical practices; a choice that made the use of masks to represent
female characters even more necessary.
In Greece, the oldest and most illustrious stable theatre of the
classical age, that of Athens, was part of a sanctuary.
Here from the primitive choruses and dances of the Dionysia in
which actors disguised as ‘sacred goats’ took place tragedy, soon
followed by comedy or satirical drama.
It was Thespis the Greek dramatic author who introduced the first
masks in the 6th century BC.
If Thespis introduced the tragic mask into the theatre, the name
of the inventor of the comic mask is unknown, which, however, is
better documented due to the many performances.
Generally, the masks were white to represent women and brown
for men, and all were distinctive enough to express this or that
state of mind; they covered the actor’s head and mostly had a
large funnel-shaped mouth opening that acted as a voice resona-
tor.
It should be noted that the same characters did not always appear
on stage with the same mask, but with different masks according to the mood they expressed, to make it easy for the audience to enjoy the play.
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LA MASCHERA ATELLANA
Dal IV secolo a.C. ad Atella cominciano a diffondersi quattro tipol- ogie di maschere, che si succedono per lungo tempo attraverso tradizioni popolari.
Passeranno più di mille anni e da queste quattro maschere l’autore latino Plauto farà derivare i nuovi tipi fissi: il vecchio avaro, il servo scaltro e quello stupido, il militare fanfarone, che fanno il successo delle commedie di Plauto e ispirano i Commedianti dell’Arte.
THE ATELLANA MASK
From the 4th century B.C. onwards, four types of masks began
to spread in Atella, which followed each other for a long time through popular traditions.
More than a thousand years would pass and from these four masks the Latin author Plautus would derive the new fixed types: the miserly old man, the cunning servant and the foolish soldier, the fanatical soldier, who made Plautus’ comedies a success and inspired the Commedians of Art.
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LA MASCHERA VENEZIANA
A Venezia la parola Carnevale appare per la prima volta in un docu- mento del 1094 firmato dal doge Vitale Falier, che consente i primi divertimenti pubblici, ma è dal 1296 che il Senato della Serenis- sima dichiara ufficialmente il Carnevale come una festa pubblica della durata di sei settimane, fino al Mercoledì delle Ceneri.
La città si trasformava completamente e tutti partecipavano alle feste e balli nel periodo interamente dedicato al divertimento e ai festeggiamenti.
Successivamente l’uso della maschera veniva consentito per sei mesi l’anno: indossare maschere e costumi garantiva l’anonmato e ciò consentiva la derisione di autorità e nobiltà oltre alla tempora- nea cancellazione delle disuguaglianze sociali: consentiva di non essere riconoscibili in affari pericolosi, nel gioco d’azzardo o negli scambi di mercati di contrabbando oltre che per praticare attività
al limite della legalità.
Nella storia della Serenissima la maschera era vietata durante la notte, nei monasteri o postriboli mentre le donne la dovevano indossare per recarsi a teatro, ad eccezione delle ragazze ancora
da “accasare”.
Dal 1797, con le occupazioni asburgiche e francesi, il Carnevale ebbe una battuta d’arresto fino al 1979 quando, fortemente voluto dalle principali istituzioni culturali della città e dai cittadini stessi, riprese il proprio splendore grazie alla direzione artistica di Maur- izio Scaparro che con eventi di piazza e maratone teatrali, diede il
via al Carnevale moderno.
Le maschere veneziane sono dunque strettamente legate alla vita della città e ai suoi personaggi più illustri, le cui caratteristiche
sono diventate iconiche come Il medico della peste legato alla pes- tilenza del 1630, La Baùta usata quotidianamente da uomini e don- ne, La Moretta usata dalle dame veneziane o quelle caratterizzanti i personaggi delle commedie goldoniane e dell’arte in generale.
Le maschere veneziane anticamente erano realizzate in cera e a
volte in cuoio ma la tecnica preferita dai “maestri mascareri”
(ordine nato intorno al 1400 a Venezia) è ancor oggi quella della cartapes-
ta, lavorata e fatta asciugare in stampi precedentemente realizzati partendo da soggetti modellati in argilla.
La parte più creativa è lasciata alla decorazione che, variando tra i colori rispettosi della tradizione arricchiti da foglia oro e argento, velluti, cristalli, macramè e piume, consente di realizzare maschere dal forte impatto scenografico che, indossate nella realtà urbana veneziana a volte surreale, contribuiscono a creare un intreccio inscindibile tra rappresentazione scenica e vita quotidiana.
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THE VENETIAN MASK
In Venice, the word Carnival first appears in a document dated
1094 signed by Doge Vitale Falier, allowing the first public enter- tainments, but it was not until 1296 that the Senate of the Sereni- ssima officially declared Carnival to be a public festival lasting six weeks, until Ash Wednesday.
The city was completely transformed and everyone took part in
the fun and festivities.
Subsequently, the wearing of masks was permitted for six months
of the year: wearing masks and costumes guaranteed anonymity
and this allowed for mockery of authority and nobility as well
as the temporary cancellation of social inequalities: it allowed
people not to be recognised in dangerous business, gambling or smuggling markets as well as to engage in activities bordering on
the legal.
In the history of the Serenissima, masks were forbidden during the night, in monasteries or postriboli, while women had to wear them to go to the theatre, except for girls still to be ‘accasare’.
From 1797, with the Habsburg and French occupations, Carnival came to a standstill until 1979 when, strongly desired by the
city’s main cultural institutions and by the citizens themselves, it resumed its splendour thanks to the artistic direction of Maurizio Scaparro who, with street events and theatre marathons, initiated the modern Carnival.
Venetian masks are therefore closely linked to the life of the city and its most illustrious characters, whose characteristics have become iconic such as The Plague Doctor linked to the plague of 1630, La Baùta used daily by men and women, La Moretta used by Venetian ladies or those characterising characters from Goldoni’s comedies and art in general.
Venetian masks were formerly made of wax and sometimes leath- er, but the technique preferred by the ‘maestri mascareri’ (an order born around 1400 in Venice) is still that of papier-mâché, worked and allowed to dry in moulds previously made from subjects modelled in clay.
The most creative part is left to the decoration, which, varying be- tween traditional colours enriched with gold and silver leaf, velvet, crystals, macramé and feathers, allows the creation of masks with a strong scenic impact that, worn in the sometimes surreal Venetian urban reality, contribute to creating an inseparable interweaving of scenic representation and everyday life.
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LA MASCHERA IN COMMEDIA DELL’ARTE
La Commedia dell’Arte ha le sue origini nella tradizione dei giullari e dei saltimbanchi del Medioevo, che si esibivano nelle piazze o
per strade soprattutto durante le feste e il Carnevale con lo scopo di far divertire, spesso in modo dissacrante.
In Italia la Commedia nasce nel XVI secolo seguendo la struttura di Plauto e inizia a diffondersi un nuovo tipo di teatro, anche in tutta Europa.
Gli attori non recitano su un testo scritto, ma seguono le tracce
della vicenda impresse su di un ”canovaccio”, mentre le azioni sceniche, le battute o gli scherzi sono lasciati all’improvvisazione, che richiede attori di grande livello, capaci di inventare battute sul momento e di attirare l’attenzione del pubblico, che non era più composto dai soli nobili.
I personaggi della Commedia dell’Arte sono quasi sempre gli stessi e incarnano degli stereotipi della società come l’innamorato, l’ava- ro, il servo e la servetta, figura femminile interpretata per la prima volta nella storia del teatro da una donna.
Nascono così le maschere diverse per carattere, come Zanni, Ar- lecchino, Brighella, Pantalone, Dottore, Pulcinella e Capitano, solo per citarne alcune, ma nel XVIII secolo la Commedia dell’Arte
perde interesse e inizia una lenta decadenza.
Per superare il declino i comici iniziano a collaborare con i poeti
del tempo che creano opere di maggior caratura: la Commedia si
trasforma e il teatro all’italiana, da Boni e Goldoni, diventa spunto per grandi scrittori di trame teatrali.
Tradizionalmente le maschere della Commedia dell’Arte hanno sempre assunto un colore scuro (nero o marrone), per significare quello che all’origine delle maschere della Commedia dell’Arte era il colore che rappresentava il sottosuolo: gli inferi.
La manifattura delle stesse maschere riportava al cuoio, così come accade oggi quando i nostri maestri mascherai producono le
proprie maschere nei loro atelier.
Ma nel corso dell’evoluzione moderna della Commedia dell’Arte,
le maschere hanno assunto diversi colori e diversi materiali, come prova di una ricerca continua, da parte degli addetti ai lavori, che si diversifica tra il gusto personale e l’interpretazione nuova dei loro costruttori.
Oggi in Italia si producono maschere in cuoio, in carta pesta, in garza gessata, in lattice, con colori che spesso si allontanano dalla tradizione, ma ispirate dallo stereotipo culturale e sociale delle maschere del XVI Secolo.
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THE MASK IN COMMEDIA DELL’ARTE
The Commedia dell’Arte has its origins in the tradition of the
jesters and acrobats of the Middle Ages, who performed in the squares or in the streets especially during festivals and Carnival
with the aim of entertaining, often in an irreverent way.
In Italy, the Commedia was born in the 16th century following Plautus’ structure and a new type of theatre began to spread throughout Europe.
Actors did not perform to a written text, but followed the plot im- printed on a ‘canovaccio’, while stage actions, jokes or pranks were left to improvisation, which required actors of high calibre, capable of inventing jokes on the spot and attracting the attention of the audience, which was no longer made up only of nobles.
The characters in the Commedia dell’Arte are almost always the same and embody societal stereotypes such as the lover, the
miser, the servant and the servant girl, a female figure played by a woman for the first time in the history of theatre.
Thus were born the masks that differed in character, such as Zanni, Harlequin, Brighella, Pantalone, Doctor, Punchinello and Captain,
to name but a few, but in the 18th century the Commedia dell’Arte lost interest and began a slow decline.
To overcome the decline, the comedians began to collaborate with the poets of the time who created works of greater stature: the Commedia was transformed and Italian-style theatre, from Boni
and Goldoni, became the cue for great writers of theatrical plots. Traditionally, Commedia dell’Arte masks have always taken on a
dark colour (black or brown), to signify what originally represented
the underworld: the underworld.
The manufacture of the masks themselves went back to leather, as
is the case today when our master maskmakers produce their own
masks in their workshops.
Ma nel corso dell’evoluzione moderna della Commedia dell’Arte,
le maschere hanno assunto diversi colori e diversi materiali, come
prova di una ricerca continua, da parte degli addetti ai lavori, che si
diversifica tra il gusto personale e l’interpretazione nuova dei loro
costruttori.
Oggi in Italia si producono maschere in cuoio, in carta pesta, in
garza gessata, in lattice, con colori che spesso si allontanano dalla
tradizione, ma ispirate dallo stereotipo culturale e sociale delle
maschere del XVI Secolo.
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LA MASCHERA NEUTRA
Tra gli anni ‘50 e ‘60 Jaques Lecoque attore, mimo e pedagogo e lo scultore Amleto Sartori approfondiscono gli studi sulla maschera dando vita ad una variante che diventa il nuovo perno della peda- gogia teatrale: la maschera neutra.
L’idea è quella di spogliare l’attore dai propri conflitti interiori,
alla riscoperta di una neutralità che sia la base di un lavoro più approfondito.
THE NEUTRAL MASK
Between the 1950s and 1960s, actor, mime and pedagogue Jacques Lecoque and sculptor Amleto Sartori deepened their studies on the mask, creating a variant that became the new pivot of theatre pedagogy: the neutral mask.
The idea is to strip the actor of his or her inner conflicts, to redis- cover a neutrality that is the basis for more in-depth work.
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LA MASCHERA LARVALE
L’ispirazione proviene da un’altra manifestazione popolare antica secoli: il Carnevale di Basilea in Svizzera.
Tale manifestazione dal 2017 fa parte del patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO.
Qui tra carri allegorici e riti pagani diffusi per la città, in una
tradizione che continua ancora oggi, gruppi organizzati di giullari invadono le strade per fare satira di costume sulla società del proprio tempo.
Indossano maschere Larvali di grandi dimensioni, dai tratti non
ben definiti collocabili tra l’umano e l’animale.
La maschera possiede in scena una fisiognomica variabile a sec- onda della luce ed essendo “muta” il carattere si struttura sul movi- mento, cambiando con il ritmo e il respiro impartiti dall’attore.
Fu Jaques Lecoq, ad introdurla negli anni ’60 in teatro come stru- mento di studio e di training per l’attore.
La Larvale, per la sua conformazione, altera la percezione dello spazio scenico del conduttore ma ne aumenta l’impulso intuiti-
vo, caratteristica questa che la rende fondante nella formazione attoriale.
La maschera Larvale è realizzata generalmente in cartapesta, ma non mancano esperienze costruttive in cuoio, lattice o in materiale
termoplastico.
L’Associazione MacroRitmi ETS da diversi anni porta avanti uno stu- dio esplorativo specifico sulla maschera Larvale attraverso seminari di costruzione e workshop di conduzione che alternano interventi
di biomeccanica a esperienze di danza contemporanea, contami- nazioni di training fisico attoriale a configurazioni espressive legate alla MusicArTerapia nella GdL, metodo S. Guerra Lisi.
L’obiettivo è di sconfinare dalle caratteristiche che denotano mag- giormente l’utilizzo della Larvale quindi non solo ironia, ingenuità
e vissuto quotidiano ma anche rapidità d’azione, risolutezza,
irruenza e gravità.
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THE LARVAL MASK
The inspiration comes from another popular event that is centuries old: the Basel Carnival in Switzerland.
This event has been part of UNESCO’s intangible cultural heritage since 2017.
Here, amidst floats and pagan rituals spread throughout the city,
in a tradition that continues to this day, organised groups of jesters invade the streets to satirise the society of their time.
They wear large Larvali masks, with ill-defined features somewhere between human and animal.
On stage, the mask possesses a variable physiognomy depending on the light and being ‘mute’, the character is structured on move-
ment, changing with the rhythm and breath imparted by the actor.
It was Jacques Lecoq, who introduced it in the 1960s in the theatre as a study and training tool for the actor.
The Larvale, due to its conformation, alters the perception of the
stage space of the conductor but increases his intuitive impulse, a characteristic that makes it fundamental in actor training.
The Larvale mask is generally made of papier-mâché, but there is no lack of constructive experiences in leather, latex or thermoplas- tic material.
For several years the MacroRitmi ETS Association has been carrying out a specific exploratory study on the Larvale mask through construction seminars and conducting workshops that alternate biomechanics interventions with contemporary dance experi-
ences, contaminations of physical actor training with expressive configurations linked to MusicArTherapy in the GdL, S. Guerra Lisi method.
The aim is to transcend the characteristics that most denote the
use of Larvale, i.e. not only irony, naivety and everyday life, but also rapidity of action, decisiveness, impetuosity and gravity.
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LA MASCHERA NEL TEATRO MODERNO
Dalla seconda metà del ‘900 la maschera torna ad essere usata come elemento scenico, per rappresentare tratti particolari, spesso animali, laddove si voglia imprimere ai personaggi un carattere peculiare.
THE MASK IN MODERN THEATRE
From the second half of the 20th century, the mask returned to being used as a scenic element, to represent particular traits, often animals, where one wanted to imprint characters with a particular character.
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LA MASCHERA EROTICA
Il materiale diventa protagonista Nell’evoluzione contemporanea
la maschera torna ad essere oggetto di attrattiva interpersonale, al centro del gioco della seduzione e non solo.
Più che la forma a colpire di certe maschere è il materiale con il
quale sono costruite: coccodrillo, squalo, pitone, biscia. L’animale
diventa materia viva e non più solo estetica, quasi a volerne carpire
la potenza viva e sessuale.
THE EROTIC MASK
The material becomes the protagonist In contemporary evolution, the mask once again becomes an object of interpersonal attrac- tion, at the centre of the game of seduction and beyond.
More than the shape that strikes of certain masks is the material with which they are made: crocodile, shark, python, snake. The animal becomes living matter and no longer merely aesthetic, as if to capture its living and sexual power.
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LA MASCHERA ECOLOGICA
Con l’avvento degli anni 2000 si manifesta anche in ambito artistico una coscienza ambientalista: i materiali di costruzione tornano al centro di una nuova consapevolezza e il riciclo assume un’importanza che diventa centrale, senza far perdere di potenza ed espressività la maschera.
THE ECOLOGICAL MASK
With the advent of the 2000s, an environmental consciousness
also manifested itself in the artistic sphere: construction materials returned to the centre of a new awareness and recycling became central, without the mask losing its power and expressiveness.
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LA MASCHERA LIGNEA
La Maschera Lignea è qui rappresentata dalle opere degli scultori aderenti al “Consorzio Mascherai Alpini”, un’associazione culturale che intende far conoscere e valorizzare il lavoro dei soci apparte- nenti che, oltre al valore “artistico” delle singole opere, è impor- tante per il significato legato alla cultura popolare di cui essi stessi sono parte, eredi e traghettatori verso il futuro.
Fondata inizialmente da un gruppo di “mascherai” del Triveneto,
il Consorzio si è ampliato negli anni fino ad accogliere “colleghi”
dalla Lombardia, dalla Slovenia, dal Tirolo e dalla Svizzera con
l’am- bizione di ulteriori espansioni, per riunire i costruttori di maschere lignee attivi nelle diverse realtà locali, in cui persiste tuttora l’uso della maschera come elemento fondamentale del periodo del Carnevale.
Con cadenza annuale, l’associazione organizza simposi di scultura, pensati come momenti di incontro per conoscere e confrontare
la storia e i motivi che portano a realizzare un tipo di maschera facciale piuttosto che un altro, coglierne le diverse espressioni pur riconoscendo i tratti in comune e capire come viene contestualiz- zata nel rito carnevalesco.
In questa esposizione, molto interessante risulterà il confronto
tra le maschere di cuoio e cartapesta del “teatro di figura” e la selezione delle maschere lignee provenienti dal Friuli, dal Veneto
e dalla Slovenia, che di seguito analizziamo in base al luogo di provenienza:
- FORNESIGHE (BL)
Il carnevale di Fornesighe, in Val di Zoldo, si identifica con un
nome: la “Gnaga”. Si tratta solo di una maschera, ma non una maschera sola! La Gnaga è un personaggio doppio che si compone di una sagoma di una anziana signora dalle ingombranti calzature
di legno, costretta nonostante l’età a portare nella gerla sulle spalle un giovane; questi le spunta da dietro la schiena curva sorridendo giulivo.
Naturalmente il corteo mascherato che anima i vicoli di Fornesighe durante il carnevale conta anche una serie di altri personaggi tradizionali, il “Matazin”, il “Nuiz” e la “Nuiza”, il “Vege”, il “Coco”.
- RODDA (UD)
Il Pust, Carnevale delle Valli del Natisone, è un momento dell’anno importante e sentito ancora oggi, in particolare nei borghi del Comune di Pulfero. Nel paese di Rodda-Ruonac ricorrono diverse maschere presenti anche in altre località delle Valli del Natisone e della Slovenia, come i pustje con i loro vestiti a strisce multicolori, i campanacci e le temibili kliešče (tenaglie estensibili) o le maschere che rappresentano gli arrotini, gli spazzacamini e le autorità ecclesiastiche.
Elementi centrali e caratterizzanti del Pust di Rodda sono però la figura dello Zluodij e dell’Anjulac, il diavolo (unica figura con la
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maschera lignea) e l’arcangelo Michele.
- SAPPADA (UD)
A Sappada/Plodn, isola linguistica di matrice tedesca, il tempo di carnevale si apre con la “domenica dei poveri” (péttlar sunntag), seguito dalla “domenica dei contadini” (paurn sunntag) e infine
dalla “domenica dei signori” (hearn sunntag).
In ognuna di queste giornate si assiste alla sfilata dei mascherati, con i costumi, le maschere lignee (lòrvn) e i comportamenti ispirati di volta in volta al tema indicato.
La figura centrale del carnevale è il “Rollate”, personaggio austero che incute timore per il suo aspetto, che indossa una pelliccia
scura (pelz) di caprone.
Il “Rollate” brandisce una scopa che a seconda dei casi viene usata in modo scherzoso o minaccioso; legate alla vita da una catena
ha le “rolln”, sfere in bronzo contenenti biglie che rumorosamente annunciano il suo arrivo.
- SAURIS (UD)
Nella comunità germanofona di Sauris/Zahre (UD) il carnevale è sempre stato un periodo molto atteso, che iniziava appena il sacer- dote aveva finito di benedire le case dopo l’Epifania.
Allora nelle vie dei paesi risuonava la voce possente del Rölar. Il rituale della mascherata era semplice e ripetitivo.
Le maschere si radunavano nel punto stabilito e cominciavano
a girare per il paese, casa per casa, accompagnate da uno o due suonatori e guidate dal Kheirar (quello che spazza). Egli conduceva le maschere davanti ad una casa, batteva sul portone col manico
di scopa, entrava in cucina, spazzava il pavimento con ampi mov- imenti circolari, faceva entrare i suonatori e poi la prima coppia di maschere, che eseguiva alcuni giri di danza e usciva.
- TARCENTO (UD)
Nei paesi della riviera tarcentina, da Billerio a Zucchia, da Coia a Sammardenchia a Zomeais, un tempo il carnevale veniva vissuto intensamente.
Pur senza i personaggi “codificati” che caratterizzano la tradizione di molte località delle Alpi Orientali, un elemento particolare
ha identificato il carnevale locale: la maschera lignea, ovvero il “tomât”.
Oggi sono attivi un buon numero di mascherai – tra loro anche parecchi giovani- che realizzano i nuovi “tomâts” e alimentano anche le compagnie che nel periodo carnevalesco organizzano e portano nelle osterie più tipiche del paese gli “strîts”, scenette di caustica satira contro i potenti, che vengono improvvisate -su un canovaccio di massima- dai gruppi di mascherati.
- CERKNO (SLO)
I Cerkljanski laufarji – i corridori di Cerkno – sono indubbiamente
fra le più famose maschere carnevalesche della Slovenia. La loro vivida storia affonda le radici tra il XIII e il XIV secolo, proseguendo fino allo scoppio della Prima Guerra mondiale. L’occupazione ital- iana e i due conflitti interruppero bruscamente questa centenaria tradizione, che riprese con nuovo vigore nel 1956.
La famiglia dei laufarji è formata da 25 figure caratteristiche, tutte eccetto una indossano maschere di legno chiamate “larfe”.
I personaggi principali sono: l’Uomo filo (ta terjast), il Carnevale (ta pust), l’Uomo di paglia (ta slamnat), l’Uomo d’edera e la Margherita (ta bršljanov, marjetica), il Vecchio e la Vecchia (ta star, ta stara).
- DRESNICA (SLO)
Nel pittoresco paese adagiato ai piedi del Krn, il Pust è davvero un avvenimento molto particolare e sentito, che coinvolge in maniera attiva solo i giovani non sposati del paese. Si tratta di un carne-
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vale antichissimo, di matrice pagana: i giovani che partecipano realizzano in autonomia la propria maschera lignea, tramandando la tradizione di generazione in generazione
Il corteo è composto da diverse figure caratteristiche: la prima serie di maschere viene chiamata ta grdi (i brutti), che rincorrono
i bambini e li cospargono di cenere. La maschera, dotata pure di possenti corna ovine, è colorata principalmente nelle sfumature dei colori nero e rosso fuoco.
La seconda serie di maschere viene chiamata ta lepi (i belli), che visitano tutte le case del paese e con il ballo e la musica augurano ogni bene ai compaesani.
Caratteristico è l’abbigliamento del vodič (capo del corteo), in cui l’abito scuro, l’alto cappello a cono e il bastone da parata sono arricchiti di nastri, lustrini e coccarde sgargianti. Immancabili gli occhiali da sole.
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LA MASCARE DI LEN (Friulano)
La mascare di len e je chi rapresentade da lis oparis dai scultôrs che a aderissin al “Consorzi mascarârs alpins”, une associazion culturâl che e intint fâ cognossi e valorizâ il lavôr dai soi socis che, in zonte
al valôr “artistic” des singulis oparis, al è impuartant pal significât peât ae culture popolâr che e cjape dentri ancje lôr tant che eredis
e traghetadôrs viers il futûr.
Fondade in principi di un trop di mascarârs dal Triveneto, il Con- sorzi si è ingrandît tai agns fintremai a cjapâ dentri “colegas” de Lombardie, de Slovenie, dal Tirôl e de Svuizare cun l’ambizion di gnovis espansions, par meti adun chei che e fasin mascaris di len, atîfs tes diviersis realtâts locâls, li che ancjemò e je vive l’usance de mascare come element fondamentâl dal periodi di Carnevâl.
Cun cadence anuâl, l’associazion e organize simposis di sculture, pensâts tant che moments di incuintri par cognossi e confrontâ la storie e i mutîfs che a puartin a realizâ un tip di mascare faciâl plui- tost che un altri, par capî lis diferentis espressions pûr ricognossint lis liniis in comun e par capî in ce maniere che la mascare a ven inseride tal contest dal Carnevâl.
In cheste esposizion, al risultarà une vore interessant il confront
tra lis mascaris di corean e cjarte pestade dal “teatri di figure” e la selezion des mascaris di len provenients dal Friûl, dal Venit e de Slovenie che chi indenant o lin a viodi in base al lûc di divignince:
- FORNESIGHE (BL)
l Carnevâl di Fornesighe, in Val di Zoldo, si identifiche cuntun
non: la “Gnaga”. Si trate dome di une mascare, ma no di une sole mascare! La Gnaga e je un personaç dopli che si compon di une sagume di une vecje siore cun intor cjalçaduris intrigosis di len obleade, a dispiet de etât, a puartâ su lis spalis un zovin inte cosse; chest i salte fûr di daûr de schene curve ridint e gaiôs.
Naturalmentri il corteu mascarât, che al anime lis andronis di Fornasighe dulinvie il Carnevâl, al conte ancje une serie di altris personaçs tradizionâi: il “Matazin”, il “Nuiz” e la “Nuiza”, il “Vege”, il “Coco”.
- RODDA (UD)
Il Pust, Carnevâl des Valadis dal Nadison, al è un moment impuart- ant dal an e une vore sintût ancje in dì di vuê, in particolâr tai
borcs dal Comun di Pulfar. Tal paîs di Rodda-Ruonac a son presintis mascaris che si cjatin ancje in altris localitâts des Valadis dal Nad- ison e de Slovenje, come i pustje cui lôr vistîts a strissis une vore coloradis, i cjampanats e lis temibilis kliešče (tanais slungjabilis)
o lis mascaris che a rapresentin i ucefuarpiis, i spachenapis e lis autoritâts religjosis.
Elements centrâi e caraterizants dal Pust di Rodda a son però la figure dal Zluodij e dal Anjulac, il diaul (uniche figure che e dopre
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la mascare di len) e l’arcagnul Michêl.
- SAPPADA (UD)
A Sappada/Plodn, isule lenghistiche di divignince todescje, il timp di Carnevâl si vierz cu la “Domenie dai puars” (péttlar sunntag),
po dopo e ven la “Domenie dai contadins” (paurn sunntag) e par ultime la “Domenie dai siôrs” (hearn sunntag).
In ognidune di chestis zornadis si assist a la sfilade dai mascarâts, cui costums, lis mascaris di len (lòrvn) e i compuartaments ispirâts, di volte in volte, al teme indicât.
La figure centrâl dal Carnevâl al è il “Rollate”, personaç austêr che al met pôre pal so aspiet, che al à intor une pelice scure (pelz) di bec.
Il “Rollate” al impugne une scove che, a seconde dai câs, e ven doprade in maniere scherçose o menaçose; peadis ae vite cuntune une cjadene al à lis “rolln”, sferis di bronç che a àn dentri balutis
che in maniere rumorose e anunziin il so rivâ.
- SAURIS (UD)
Te comunitât gjermanofone di Sauris/Zahre il Carnevâl al è simpri stât un periodi une vore spietât, che al scomençave subite dopo che il predi al veve finît di benedî lis cjasis daspò de Pifanie.
In chei timps tes stradis dai paîs e rivocave la vôs possent dal Rölar. Il rituâl de mascarade al jere sempliç e ripetitîf.
Lis mascaris si davin adun tal pont stabilît e a scomençavin a zirâ pal paîs, cjase par cjase, compagnadis di un o doi sunadôrs e vuidadis dal Kheirar (chel che al scove vie).
Lui al puartave lis mascaris denant di une cjase, al bateve sul porton cul mani de scove, al jentrave in cusine, al scovave vie il paviment cun grancj moviments circolârs, al faseve jentrâ i suna- dôrs e po dopo la prime cubie di mascaris, che e faseve cualchi zîr di bal e e jesseve.
- TARCENTO (UD)
Tai paîs de riviere tarcentine, di Biliris a Çucje, di Cuie a
Samardenc- je e Zomeais, un timp il Carnevâl al jere vivût in
maniere fuarte.
Pûr cence personaçs codificâts che a caraterizin une vore di lûcs
des Alps Orientâls, un element particolâr al à identificât il Carnevâl
di chenti: la mascare di len, ven a stai il “tomât”.
Vuê a son atîfs un bon numar di mascarârs –tra di lôr tancj zovins–
che a metin in vore i gnûfs “tomâts” e a furnissin ancje lis compag-
niis che tal periodi di Carnevâl a organizin e a puartin tes ostariis
plui carateristichis dal paîs i “strîts”, senetis di caustiche satire
cuintri i potents, che a vegnin improvisadis –su di une partidure di
massime– dai grups di mascarâts.
- CERKNO (SLO)
I Cerkljanski laufarji –i coridôrs di Cerkno– a son dal sigûr tra lis
plui famôsis mascaris de Slovenie. La lôr lusinte storie e fonde lis lidriis tra il XIII e il XIV secul e e je lade indenant fintremai ae Prime guere mondiâl. L’occupazion taliane e lis dôs guerise an interot bruscamentri chiste centenarie tradizion, che à tornât a cjapâ vite
tal 1956.
La famee dai laufarji e cjape dentri 25 figuris carateristichis; dutis, gjavade une, si metin intor mascaris di len clamadis “larfe”.
I personaçs principâi a son: l’Omp fil (ta terjast), il Carnevâl (ta pust), l’Omp di pae (ta slamnat), l’Omp da la elare e la Margarite (ta bršljanov, marjetica), il Vecjo e la Vecje (ta star, ta stara).
- DRESNICA (SLO)
Tal pitoresc paîs poiât ai pîts dal Krn, il Pust al è pardabon un avigniment une vore particolâr e sintût, al cjape dentri, in maniere ative, nome i zovins no sposâts dal paîs. Si trate di un carnavâl un- evore antic, di divignince pagane: i zovins che cjapin part e metin in vore dibessoi la lor mascare di len, mandant indenant cussìla
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tradizion di gjenerazion in gjenerazion.
Il corteu al è componût di diferentis figuris carateristichis: la prime schirie di mascaris e ven clamade ta grdi (i bruts), che e corin daûr ai fruts e jur butin sore la cinise.
La mascare, dotade ancje di cuars di piore, e je colorade in mût principâl tes sfumaduris dai colôrs neri e ros fûc.
La seconde schirie di mascaris e ven clamade ta lepi (i biei), che
e passin in dutis lis cjasis dal paîs e cul bal e la musiche e augurin ogni ben ai compaesans.
Carateristic il vistiari dal vodič (capo dal corteu), li che il vistît scûr,
il cjapiel alt e a coni, il boston di parade a son insiorâts di nastros, lustrins e cocardis scjassosis. No puedin mancjâ i ocjai di soreli.
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LESENA MASKA (Sloveno)
Lesene maske v pričujoči razstavi predstavljajo delo kiparjev, član- ov društva “Consorzio Mascherai Alpini”, kulturnega združenja, ki si prizadeva za promocijo in krepitev dela svojih članov.
Poleg “umetniške” vrednosti posameznih mask, delovanje društva
je pomembno ker je povezano z ljudsko kulturo, katere del so
sami obrtniki, obenem dediči in prevažalci v prihodnost kulturne dediščine svojih krajev in skupnosti.
Konzorcij, ki ga je sprva ustanovila skupina izdelovalcev mask iz Trentina, Benečije in Furlanije Julijske Krajine, iz leta v let vključujel “kolege” iz Lombardije, Slovenije, Tirolske in Švice z ambicijo nadaljnje širitve. Cilj je združiti izdelovalce lesenih mask, ki delujejo v različnih lokalnih realnostih, v katerih uporaba lesenih mask še vedno obstaja kot temeljni element pustnega obdobja.
Združenje vsako leto organizira kiparske simpozije, srečanja v
katerih sodelujoči in publika spoznavajo in primerjajo zgodovi-
no in motive, ki so pripeljali do izdelave določene vrste obrazne maske, da bi razumeli različne izraze in hkrati prepoznali skupne značilnosti ter razumeli, kako je maska kontekstualizirana v pust- nem obredu.
Na tej razstavi je zelo zanimiva primerjava med usnjenimi in papir- natimi maskami “lutkovnega gledališča” ter izborom lesenih mask
iz Furlanije, Benečije in Slovenije, ki jih v nadaljevanju navedemo glede na kraj izvora.
- FORNESIGHE (Belluno)
Pust v kraju Fornesighe v dolini Zoldo se imenuje “Gnaga”. To je maska, vendar ne le ena! Gnaga je dvojni lik, ki ga sestavlja silhueta stare ženske z okornimi lesenimi čevlji, ki je kljub svoji starosti prisiljena na ramenih nositi mladega moškega v košari; ta izskoči izza njenega ukrivljenega hrbta in se veselo smehlja.
V sprevodu mask, ki med pustovanjem oživi ulice vasi Fornesighe, so seveda tudi številni drugi tradicionalni liki: “Matazin”, “Nuiz” in “Nuiza”, “Vege”, “Coco”.
RODDA-RUONAC (Videm)
Pust v Nadiških dolinah, je pomemben in priljubljen dogodek
v letu, zlasti v vaseh občine Pulfero-Podbonesec. V vasi Rod- da- Ruonac so različne maske, prisotne tudi v drugih krajih
Nadiških dolin in Slovenije, kot so Pustje z raznobarvnimi črtastimi oblačili, kravjimi zvonci in strašljivimi klieščki ali maske, ki pred- stavljajo brusilce nožev, dimnikarje in cerkvene oblasti.
Osrednja in značilna elementa Ruonskega pusta pa sta lik Zluodija (edini z leseno masko) in Anjulaca, oz. hudiča in nadangela Mihae- la.
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SAPPADA-PLODN (Videm)
Na nemško govoreči vasi Sappada/Plodn se pustni čas začne z
“Nedeljo revnih” (Péttlar Sunntag), ki ji sledi “Nedelja kmetov”
(Paurn Sunntag) in nazadnje “Nedelja gospodov” (Hearn Sunntag).
Na vsakega od teh dni je sprevod pustnih mask s kostumi, lesenimi
maskami (Lòrvn) in obnašanjem, ki ga navdihuje določena tema.
Osrednji pustni lik je “Rollate”, strog lik, ki vzbuja strah zaradi
svoje- ga videza in nosi temno kozje krzno (Pelz).
“Rollate” maha z metlo, ki jo glede na priložnost uporablja na igriv
ali grozeč način; okoli pasu ima privezano verigo “Rolln”, bronaste
krogle s kroglicami, ki glasno naznanjajo njegov prihod.
SAURIS-ZAHRE (Videm)
V nemško govoreči vasi Sauris/Zahre je bil Pust vedno zelo pričakovano obdobje, ki se je začelo takoj, ko je duhovnik končal blagoslavljanje hiš po prazniku sv. Treh Kraljev.
Takrat je po vaških ulicah zadonel mogočen glas Rölarja.
Obred pustovanja je bil preprost in ponavljajoč se: maske so se zbrale na določenem mestu in začele hoditi po vasi od hiše do hiše ob spremljavi enega ali dveh glasbenikov in pod vodstvom Khei- rarja (smetarja). Ta je maske pripeljal pred hišo, z metlo udaril po vratih, vstopil v kuhinjo, s širokimi krožnimi gibi pometel tla, pustil noter obrednike in nato prvi par mask, ki je nekaj zaplesal in odšel.
TARCENTO-TARCINT-ČENTA (Videm)
V okolici Tarcenta-Tarcinta-Čente, od Billerija do Zucchie, od Coie-Hoje do Sammardenchie-Smardenče in Zomeaisa-Žumaje, so nekoč intenzivno živeli Pust.
Čeprav ni bilo “kodificiranih” likov, ki so značilni za tradicijo števil- nih mest v Vzhodnih Alpah, je lokalni Pust zaznamoval en poseben element: lesena maska ali v furlanščini “Tomât”.
Danes je v teh krajih veliko število izdelovalcev mask, med katerimi je tudi nekaj mladih, ki izdelujejo nove “Tomate” in sodelujejo pri skupini, ki v pustnem času organizira in prinaša v najbolj značilne gostilne v mestu “strîts”, jedke satire proti oblastnikom, ki jih na grobem platnu improvizirajo zamaskiranih ljudi.
CERKNO (SLO)
Cerkljanski laufarji so nedvomno med najbolj znanimi pustnimi
maskami v Sloveniji. Njihova pestra zgodovina ima korenine v
13. in 14. stoletjem in se je nadaljevala do začetka prve svetovne
vojne. Italijanska okupacija in dve svetovni vojni sta prekinili to
stoletno tradicijo, ki je bila obnovljena z vso močjo šele leta 1956.
Družino laufarjev sestavlja 25 značilnih likov, ki razen enega nosijo
lesene maske, imenovane “Larfe”.
Glavni liki so: Ta terjast, Pust, Ta slamnat, Ta bršljanov in Marjetica,
Ta star in Ta stara.
DREŽNICA (SLO)
V slikoviti vasici ob Krna, je Pust prav poseben in priljubljen
dogodek, pri katerem aktivno sodelujejo le neporočeni fantje.
Gre za starosvetno pustovanje poganskega izvora: lesene maske
izdelujejo fantje sami ter tako prenašajo živo kulturno dediščino iz
roda v rod.
Sprevod sestavljajo več značilnih figur: prva skupina mask se
imenuje Ta grdi, ki preganjajo otroke in jih posipajo s pepelom.
Maska Ta grdih, opremljena tudi z mogočnimi ovčjimi rogovi, je
večinoma obarvana v odtenkih črne in ognjeno rdeče barve.
Drugo skupino mask sestavljajo Ta lepi, ki obiščejo vse hiše v vasi in
s plesom in glasbo voščijo vsega dobrega domačinom.
Značilna je obleka Vodiča, pri kateri so temna obleka, visok stožčast
klobuk in paradna palica okrašeni s trakovi, bleščicami in kričečimi
rozetami. Sončna očala so obvezna.
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THE WOODEN MASK
The Wooden Mask is represented here by the works of the sculp- tors belonging to the ‘Consorzio Mascherai Alpini’, a cultural associ- ation that aims to publicise and enhance the work of its members, which, in addition to the ‘artistic’ value of the individual works,
is important for its significance linked to the popular culture of
which they themselves are part, heirs and ferrymen into the future.
Initially founded by a group of ‘mask-makers’ from the Triveneto region, the Consortium has expanded over the years to include ‘colleagues’ from Lombardy, Slovenia, the Tyrol and Switzerland with the ambition of further expansion, to bring together the
wooden mask-makers active in the various local realities, in which the use of the mask still persists as a fundamental element of the Carnival period.
On an annual basis, the association organises sculpture symposia, conceived as moments of encounter to learn about and compare
the history and motives that lead to the creation of one type of
facial mask rather than another, to grasp the different expressions while recognising the common traits, and to understand how it is contextualised in the carnival ritual.
In this exhibition, the comparison between the leather and papi- er-mâché masks of “figure theatre” and the selection of wooden masks from Friuli, Veneto and Slovenia, which we analyse below according to place of origin, will be very interesting:
- FORNESIGHE (BL)
The carnival of Fornesighe, in Val di Zoldo, is identified by a name: the ‘Gnaga’. It is only a mask, but not just one mask! The Gnaga
is a double character consisting of a silhouette of an elderly lady
with bulky wooden shoes, forced despite her age to carry a young man in her basket on her shoulders; he pops out from behind her curved back smiling gleefully.
Of course, the masked procession that animates the alleys of For- nesighe during carnival also includes a number of other traditional characters, the ‘Matazin’, the ‘Nuiz’ and the ‘Nuiza’, the ‘Vege’, the ‘Coco’.
- RODDA (UD)
Pust, Carnival of the Natisone Valleys, is an important and heartfelt moment of the year even today, particularly in the villages of the Pulfero municipality. In the village of Rodda-Ruonac, various masks that are also present in other localities of the Natisone Valleys and Slovenia are used, such as the pustje with their multicoloured
striped clothes, cowbells and the fearsome kliešče (extensible pincers) or the masks representing knife grinders, chimney sweeps and church authorities.
Central and characterising elements of Rodda’s Pust, however, are the figure of Zluodij and Anjulac, the devil (the only figure wearing
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a wooden mask) and the archangel Michael.
- SAPPADA (UD)
In Sappada/Plodn, a German-speaking linguistic island, carnival time opens with ‘Poor Sunday’ (péttlar sunntag), followed by ‘Peas- ants’ Sunday’ (paurn sunntag) and finally ‘Gentlemen’s Sunday’ (hearn sunntag).
On each of these days, there is a parade of masqueraders, with costumes, wooden masks (lòrvn) and behaviour inspired by the given theme.
The central figure of the carnival is the ‘Rollate’, an austere charac- ter who is awe-inspiring because of his appearance, wearing a dark goat’s fur (pelz).
The ‘Rollate’ wields a broom, which is used jokingly or threaten- ingly; tied around his waist by a chain he has ‘rolln’, bronze balls containing marbles that noisily announce his arrival.
- SAURIS (UD)
In the German-speaking community of Sauris/Zahre (UD), carnival has always been a much-awaited period, starting as soon as the priest had finished blessing the houses after Epiphany.
Then the mighty voice of the Rölar resounded through the village streets. The ritual of the masquerade was simple and repetitive.
The masks would gather at the appointed spot and begin to go around the village, house to house, accompanied by one or two musicians and led by the Kheirar (the one who sweeps). He would lead the masks in front of a house, bang on the front door with his broomstick, enter the kitchen, sweep the floor with wide circular movements, let the ringers in and then the first pair of masks, who would perform a few rounds of the dance and leave.
- TARCENTO (UD)
In the villages of the Tarcento Riviera, from Billerio to Zucchia,
from Coia to Sammardenchia to Zomeais, carnival was once lived intensely.
Although without the ‘codified’ characters that characterise the tra- dition of many towns in the Eastern Alps, one particular element identified the local carnival: the wooden mask, or ‘tomât’.
Today, a good number of mask-makers are active - among them
also several young people - who make the new ‘tomâts’ and also feed the companies that organise and bring to the most typical taverns in the village the ‘strîts’, caustic satire sketches against the powerful, which are improvised - on a rough draft - by the masked groups.
- CERKNO (SLO)
The Cerkljanski laufarji - the runners of Cerkno - are undoubtedly among the most famous carnival masks in Slovenia. Their vivid history dates back to the 13th and 14th centuries, continuing right up to the outbreak of World War I. The Italian occupation and the two wars abruptly interrupted this centuries-old tradition, which resumed with renewed vigour in 1956.
The laufarji family consists of 25 characteristic figures, all except one wearing wooden masks called ‘larfe’.
The main characters are: the Wire Man (ta terjast), the Carnival Man (ta pust), the Straw Man (ta slamnat), the Ivy Man and the Daisy (ta bršljanov, marjetica), the Old Man and the Old Woman (ta star, ta stara).
- DRESNICA (SLO)
In the picturesque village lying at the foot of the Krn, the Pust is indeed a very special and heartfelt event, actively involving only the unmarried young people of the village. It is a very old carnival,
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of pagan origin: the young people who participate make their own wooden masks, handing down the tradition from generation to generation.
The procession consists of several characteristic figures: the
first set of masks is called ta grdi (the ugly ones), who chase the children and sprinkle them with ashes. The mask, also equipped with mighty sheep horns, is mainly coloured in shades of black
and fiery red.
The second set of masks is called ta lepi (the beautiful ones), who visit all the houses in the village and with dance and music wish
the villagers well.
Characteristic is the attire of the vodič (leader of the procession),
in which the dark suit, tall cone-shaped hat and parade stick are embellished with ribbons, sequins and garish rosettes. Sunglasses are a must.
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L’ASSOCIAZIONE “i Mascarârs di Tarcint”
Nel gennaio del 2009, per iniziativa di un gruppo di appassionati del Carnevale tarcentino, nasce l’associazione “i Mascarârs di
Tarcint” (i Mascherai di Tarcento) che si propone di promuovere e diffondere la conoscenza dei tomâts, le maschere lignee carneva- lesche tradizionali della riviera tarcentina, e degli strîts, le tipiche scenette giocose o satiriche.
Allo scopo organizza anche mostre etnografiche, convegni e corsi di
introduzione all’intaglio dei tomâts per favorirne l’utilizzo duran- te
il carnevale tarcentino.
Riunisce attorno ad alcuni mascherai “storici” una nuova leva di ap-
passionati di tutte le età, che si sono avvicinati più recentemente a
questa pratica.
I soci fondatori sono: Italo Colautti, Gualtiero Della Schiava, Remo
Del Medico, Sergio Ganzitti, Sergio Micco, Gianni Moro, Marco
Olivo, Fabio Polla, Aniceto Revelant e Luigi Revelant. Oggi conta
oltre venti soci mascherai.
L’associazione, facendo proprio l’invito lanciato dalla studiosa
Andreina Nicoloso Ciceri, ha voluto cimentarsi, nel 2010, nella
catalogazione dei tomâts prodotti sino al 1985.
E’ stato molto difficile reperire maschere molto antiche in quanto
andate bruciate dopo l’uso, rimaste sotto le macerie del terremoto,
acquisite a patrimonio museale o altro; ben 136 maschere sono
state recuperate presso i mascherai o i loro familiari o presso altre
persone. Ogni maschera è stata fotografata, misurata, pesata ed esaminata per compilare la scheda descrittiva.
Quindi la stampa del catalogo “Tomâts – Un secolo di maschere lignee del tarcentino. Volume 1”. Nel 2016 presenta a Trieste, negli spazi del Consiglio regionale, la mostra “Maschere, tra tradizione e innovazione” in cui fanno bella mostra oltre un centinaio tomâts.
Nel febbraio del 2018, dopo trentasei anni dalla prima, organizza
a Tarcento presso la sala polifunzionale “Al Margherita”, la mostra “Tomâts. Le maschere lignee del carnevale tarcentino”, presentata dal prof. Stefano Morandini, dove trovano spazio ben 150 tomâts di una ventina di mascherai locali.
Mostra dedicata a Sergio Micco, esempio e guida di tanti masche- rai tarcentini e non solo.
Nel mese di aprile del 2023 aprirà al pubblico la “Mostra e labora- torio permanente dei Tomâts” nel prestigioso Palazzo Frangipane
a Tarcento.
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CARNEVALE TARCENTINO
“Ce Carnavâi in chei agns a Biliris!
A’ jerin il plui biel jenfri l’an.
Ju spietavin cul cûr in man e za ai Sants
si tacave a pensâju e a dâ dongje
programs par viviu te mode miôr.
… o cirivin tomàts par lâ in mascare,
o metevin di bande musets e lujaniis pes cenis… Robis in pizzul, d’acordo,
di paîs o di borc; ma ce biel!”
Meni Ucèl
Che carnevali in quegl’anni, a Billerio!
Erano il più bell’intermezzo dell’anno.
Li aspettavamo con ansia e già ai Santi
si cominciava a pensarci e ad organizzarci
per viverli al meglio.
… cercavamo i tomâts per andare i maschera, mettevamo da parte cotechino e salsicce per le cene ... Piccole cose d’accordo,
cose di paese o di borgo, ma che bello!
Otmar Muzzolini
Carnevale tarcentino: gruppo a bello e gruppo a brutto.
Con la chiusura dei riti epifanici del 6 gennaio inizia il Carnevale
per concludersi il martedì grasso che precede le Ceneri, per cui la durata del periodo carnevalesco è determinato ogni anno dalla data della Pasqua.
Ma vediamo se ci è possibile capire da quando si svolge il caratter-
istico carnevale tarcentino articolato nei gruppi a bello e a brutto.
La prof. Andreina Nicoloso Ciceri, in riferimento alle maschere
trovate nel tarcentino, negli anni 1959/1967 scriveva che le più an-
tiche sono degli ultimi decenni del secolo precedente ove indicava
in Vico Toso (1878 – 1915) “Il più bravo dei mascherai di Coia …”.
La tradizione però delle maschere è molto più antica. Anche Alceo
Muzzolini afferma: “Dalla fine dell’800 erano presenti le mascher-
ate in tutta la valle del Torre”. Ma anche Meni Ucèl affermava nel
suo scritto Carnavâi del 1974 “tomats di cent ains a platanus la
muse” tomâts di cento anni a nasconderci il viso.
Possiamo senz’altro affermare, grazie alle testimonianze raccolte,
che il periodo di massimo splendore e diffusione è stato tra le due
Guerre Mondiali.
Da Sammardenchia a Coia, da Zucchia a Billerio, ma anche a Mal-
maseria e a Zomeais, i giovani dei paesi della nostra riviera, abitual-
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mente i coscritti dell’annata organizzavano il carnevale a cui erano presenti anche gli emigranti, rientrati dai lavori stagionali. Il corteo mascherato era caratterizzato solitamente in due gruppi: quello a biel (a bello), e quello a brut (a brutto). Il primo non indossava le maschere e si rendeva garante del comportamento del secondo, che rovesciava i ruoli: la miseria in allegria, “i sotàns in sorestànts” gli umili in potenti, gli ignoranti in sapienti. Le mascherate si facevano quasi ogni sabato, ma non poteva mai mancare il giovedì grasso e il martedì grasso. Il corteo mascherato veniva aperto dai suonatori, seguiva poi il gruppo a bello e chiudeva quello a brutto.
Quasi sempre nel gruppo c’era qualcuno che sapeva suonare armoniche e liròn la fisarmonica e il contrabbasso, la chitarra o il mandolino, a seconda dell’abilità dei suonatori improvvisavano anche strumenti di fortuna. Di solito si ballava di sabato sino a
tardi, perché abitualmente il giorno dopo quasi tutti erano liberi
da impegni e quindi potevano riposare.
Era famosa la bande mate orchestra pazza, chiamata anche bande rabiose banda arrabbiata. Era un gruppo di oltre venti giovani del borgo di S. Giacomo di Billerio che avevano costruito gli strumenti da soli, erano strani e ridicoli, ma suonavano.
Il gruppo a bello si mascherava con la pitturazione leggera del
volto fatto con colori di fortuna, spesso veniva usata la fuliggine, rossetti e la farina bianca.
Il gruppo a brutto invece indossava i tomâts, le caratteristiche maschere di legno, ed il mascheramento si completava con
vecchie giacche, stiriane del nonno, cappotti della grande guerra, “zoccoli di legno con il fieno dentro per scaldare i piedi nudi.
Tomâts realizzati dai mascherati stessi che si ingegnavano a realizzare la propria maschera, da indossare per celare la propria identità durante gli eccessi carnevaleschi. E le maschere erano perlopiù realizzate in modo rudimentale, spesso pesanti, ma alcuni intagliatori particolarmente abili raggiunsero una qualità notevole nelle loro opere.
Il carnevale era l’occasione per i gruppi mascherati di girare per
le case, soprattutto quelle dotate di grandi cucine caratterizzate
spesso dal fogolâr (focolare), fare qualche ballo con le ragazze
del paese, le quali, conoscendo il percorso dei gruppi, si facevano trovare in quelle case seppure sotto l’attento controllo delle donne di casa.
I gruppi mascherati, inoltre, passavano, di borgo in borgo, e anche nelle osterie o qualche sala appositamente riservata per i balli. I ballerini mascherati potevano fare solo tre balli e poi, alla richiesta della ragazza, dovevano togliersi il tomât oppure uscire. Riceveva- no cibarie da portar via per la cena finale oppure crostoli o polenta o vino da consumarsi il loco.
Abitualmente veniva improvvisato un “discorsetto” oppure una scenetta satirica nei confronti di amministratori politici o di altri personaggi noti della comunità locale. In queste scenette, denom- inate le comiche, zataris satire o strîts, la voce dei mascherati era volutamente alterata e stridula, quasi un trillo d’uccello.
Erano pensate prima di partire per la mascherata, e poi sviluppate sul momento. Era festa grande per giovani ed anziani, soprattutto maschi, abitualmente infatti le donne ed i bambini non potevano mascherarsi.
“A partire dai primi anni del secolo scorso, sui tradizionali gruppi
“a biel” e “a brut” venne ad innestarsi il gruppo delle grandi teste
di cartapesta. Possiamo far iniziare a questo periodo l’inizio del declino dei gruppi mascherati tradizionali, cioè quelli legati all’uso dei tomâts.
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IL TOMÂT
Il tomât, origine del nome della maschera del carnevale tarcentino. La prima volta che le maschere lignee tarcentine vengono de-
nominate Tomaz è nel 1964 quando Gaetano Perusini, pubblica
“Mascherate rituali in Friuli” in Alpes Orientales riporta: “Le
maschere della valle del Torre sono dette Tomaz e sono ricavate da
tronchi contorti o ceppaie; …”
I coniugi Prof. Andreina Nicoloso e Dott. Luigi Ciceri in “Il Carnevale
in Friuli” nel 1967 scrivono che le maschere lignee carnevalesche
hanno in Friuli diversi nomi, a seconda delle zone. Nella Valle del
Torre diversi sono i nomi: tomât, mascare, moretine, burutine.
“L’appellativo tomàt era diffuso nel Friuli centro-orientale era
chiamato il capo del gruppo mascherato ma ci sono almeno altre
due definizioni: una lo indica come sposo ipotetico che andasse
alla ricerca della ragazza ed una indica il tipico contadino friulano
(derivante forse da Tomâs –Tommaso), spesso presente nella com-
media dell’arte. La professoressa Ciceri affermava: “E’ certo però
che ormai il tomàt è per antonomasia la maschera lignea che ha il
suo habitat conservativo nell’area tarcentina”.
Assieme ad Andreina Nicoloso Ciceri svolse una notevole lavoro
di ricerca anche il marito Luigi Ciceri che, negli anni Sessanta del
secolo scorso, progettò per la Socie- tà Filologica Friulana la racco-
lta di corpus sistematici (racconti popolari, canti e villotte, ex voto,
…). Tale lavoro lo portò a scoprire ed acquistare una settantina
di maschere: a Sammardenchia, a Coja, a Bulfons, a Malmaseria, a
Billerio. Ora tutte fanno parte dei Musei Civici di Udine.
Non era facile reperire le maschere perché venivano bruciate
o gettate via per mantenere l’anonimato di colui che le aveva indossate.
Il Gruppo folcloristico “Chino Ermacora” di Tarcento usa i tomâts
in un loro ballo denominato “Le maschere”. Nel 1968 Olvino Del Medico realizzò per il gruppo le maschere per la messa in scena di questo ballo ricco di figurazioni simboliche. Questa danza trova ispirazione nell’antico folclore della Val Torre, Tarcento in partico- lare, con stretta attinenza alla millenaria tradizione dei pignarûi i grandi falò che ancor oggi si accendono la notte dell’Epifania nella conca tarcentina. La manifestazione vuole concludere il periodo dell’Avvento e del Natale e dare inizio al tempo gioioso del carnev- ale. Nel danza infatti una giovane ballerina vestita con la maschera del carnevale irrompe e sconfigge la vecchia befana.
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COSTRUZIONE DI UN TOMÂT
Gli autori delle maschere non erano scultori, spesso nemmeno ar- tigiani del legno, anzi in maggioranza si trattava di umili muratori o contadini, spesso i mascherati stessi.
Il Carnevale tarcentino non avendo figure o personaggi car-
atteristici da rappresentare permetteva la massima fantasia al mascheraio.
La scelta del legno cadeva preferibilmente su: la vencjaresse
(salice), molto presente nei vigneti di allora – l’olnâr (ontano), per il suo colore rossiccio - il cocolâr (il noce), che non si spacca e non ha nervatura – il tei (il tiglio), albero decorativo facilmente reperibile
nei nostri boschi - l’olm (l’olmo), pôl (il pioppo), morâr (il gelso), o altro legno che presentasse particolari conformazioni (nodi, incavi, protuberanze) atte allo sfruttamento per aspetti bizzarri e detur- panti, propri di questo genere di maschere.
I colori cupi e contrastanti, l’aggiunta di bitorzoli, denti di maiale o cinghiale, corna, crine di cavallo o peli di maiale per le barbe, baffi
o sopracciglia, rendevano ancor più pauroso il loro aspetto.
La finitura interna, che doveva garantire la vestibilità, poteva esser rifinita in maniera accurata oppure con grossolani segni di sgorbia che arrecavano molto spesso ferite al volto di chi le indossava. Alle volte l’interno veniva imbottito per evitare il contatto diretto del
volto con il legno se lo stesso non era ben rifinito.
Oltre agli attrezzi più comuni che c’erano in ogni casa come seghe
e accette di varie misure qualche attrezzo veniva costruito apposi- tamente, come sgorbie e scalpelli, nelle fucine locali.
Oggi i mascherai usano gli stessi tipi di legno ma si cimentano
anche nella sperimentazione di nuove essenze vista la maggior
facilità di reperimento. L’offerta commerciale di sgorbie e scalpelli
oggi è molto vasta sia per tipologia della forma che per le dimen-
sioni. Il mazzuolo di legno, sostituisce i martelli o mazzuoli di ferro
di un tempo.
Anche per la decorazione oggi c’è sperimentazione, si va dalla
finitura naturale quando il legno presenta caratteristiche venature
e variazioni naturali di colore tra le diverse profondità del legno,
come ad esempio il gelso. Oppure finiti con sole cere di diversi
colori. Si usano poi colori acrilici o ad olio, con finiture con cere
lucidate oppure cere anticanti e successivamente strofinate con
paglietta fine per un effetto di chiaro scuri molto efficace.
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“i Mascarârs di Tarcint” ASSOCIATION
In January 2009, on the initiative of a group of Tarcento carnival enthusiasts, the association ‘i Mascarârs di Tarcint’ (the Masquerad- ers of Tarcento) was founded. Its aim is to promote and dissemi-
nate knowledge of tomâts, the traditional wooden carnival masks of the Tarcento Riviera, and of strîts, the typical playful or satirical scenes.
To this end, it also organises ethnographic exhibitions, conferences and introductory courses in tomâts carving to encourage their use during the Tarcento carnival.
It gathers around some ‘historical’ mask-makers a new breed of enthusiasts of all ages, who have more recently approached this practice.
The founding members are: Italo Colautti, Gualtiero Della Schiava, Remo Del Medico, Sergio Ganzitti, Sergio Micco, Gianni Moro, Mar- co Olivo, Fabio Polla, Aniceto Revelant and Luigi Revelant. Today it has over twenty masked members.
The association, taking up the invitation launched by the scholar Andreina Nicoloso Ciceri, wanted to undertake, in 2010, the cata- loguing of the tomâts produced until 1985.
It was very difficult to find very old masks as they had been burnt
after use, had been left under the rubble of the earthquake,
acquired as museum heritage or other; as many as 136 masks were recovered from the mask-makers or their families or from other
people. Each mask was photographed, measured, weighed and examined to compile the descriptive card.
Then the printing of the catalogue ‘Tomâts - A Century of Wooden Masks from Taranto. Volume 1’. In 2016, he presented in Trieste, in the spaces of the Regional Council, the exhibition ‘Masks, between tradition and innovation’ in which more than a hundred tomâts were displayed.
In February 2018, thirty-six years after the first one, he organised
the exhibition “Tomâts. Le maschere lignee del carnevale tarcenti- no’ (‘The wooden masks of Tarcento carnival’), presented by Prof. Stefano Morandini, where no less than 150 tomâts by some twenty local mask-makers were displayed.
An exhibition dedicated to Sergio Micco, an example and guide for many mask-makers from Taranto and beyond.
In April 2023, the “Tomâts exhibition and permanent workshop”
will open to the public in the prestigious Palazzo Frangipane in Tarcento.
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CARNIVAL OF TARCENTO
“Ce Carnavâi in chei agns a Biliris!
A’ jerin il plui biel jenfri l’an.
Ju spietavin cul cûr in man e za ai Sants
si tacave a pensâju e a dâ dongje
programs par viviu te mode miôr.
… o cirivin tomàts par lâ in mascare,
o metevin di bande musets e lujaniis pes cenis… Robis in pizzul, d’acordo,
di paîs o di borc; ma ce biel!”
Meni Ucèl
What carnivals in those years in Billerio!
They were the most beautiful intermezzo of the year.
We looked forward to them and already at the Saints
we started thinking about them and organising ourselves to live them to the full.
... we were looking for tomâts to go to the masquerade, we put aside sausages and sausages for the dinners ...
Little things agreed,
village or hamlet things, but how nice!
Carnival in Taranto: group a bello and group a brutto.
With the closing of the epiphanic rites on 6 January, Carnival
begins and ends on Shrove Tuesday preceding Ash Wednesday, so
the duration of the carnival period is determined each year by the
date of Easter.
But let’s see if we can figure out when the characteristic Taranto
carnival, divided into the groups a bello and a brutto, takes place.
Professor Andreina Nicoloso Ciceri, with reference to the masks
found in the Tarcento area, wrote in 1959/1967 that the oldest
ones date back to the last decades of the previous century, where
she indicated Vico Toso (1878 - 1915) as ‘the best of the mask-
mak- ers of Coia ...’.
The tradition of masks, however, is much older. Alceo Muzzolini
also states: ‘From the end of the 19th century, masquerades were
present throughout the Torre valley’. But Meni Ucèl also stated in
his 1974 work Carnavâi “tomats di cent ains a platanus la muse”
tomâts of a hundred years to hide our faces.
We can certainly state, thanks to the testimonies collected, that
the period of maximum splendour and diffusion was between the
two World Wars.
From Sammardenchia to Coia, from Zucchia to Billerio, but also in
Malmaseria and in Zomeais, the young people of the villages on
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our riviera used to organise a carnival at which emigrants, having returned from seasonal work, would also take part. The masked procession was usually characterised in two groups: the one a
biel (to beautiful), and the one a brut (to ugly). The former did not wear masks and was the guarantor of the behaviour of the latter, which reversed the roles: misery into joy, ‘i sotàns in sorestànts’ the humble into the powerful, the ignorant into the wise. Masquer- ades were held almost every Saturday, but could never be missed on Shrove Thursday and Shrove Tuesday. The masked procession was opened by the musicians, followed by the ‘a bello’ group and closed by the ‘a brutto’ group.
There was almost always someone in the group who knew how to play harmonicas and liròn, the accordion and double bass, guitar or mandolin, depending on the skill of the players they also im-
provised makeshift instruments. They usually danced on Saturdays until late, because usually the next day almost everyone was free
of commitments and could therefore rest.
The bande mate mad orchestra, also called bande rabiose bande arrabbiata, was famous. It was a group of over twenty young people from the village of S. Giacomo di Billerio who had built the instruments themselves; they were strange and ridiculous, but
they played.
The group masked themselves with light face painting done with makeshift colours, soot, lipstick and white flour were often used.
The ugly group, on the other hand, wore tomâts, the characteristic wooden masks, and the masquerade was completed with old jack- ets, grandfather’s styrians, coats from the Great War, and wooden clogs with hay inside to warm their bare feet.
Tomâts made by the masqueraders themselves, who would make their own masks, to be worn to conceal their identity during
carnival excesses. And the masks were mostly rudimentary, often heavy, but some particularly skilled carvers achieved a remarkable quality in their work.
Carnival was an opportunity for masked groups to go around the houses, especially those with large kitchens often characterised by
the fogolâr (hearth), to do some dancing with the village girls, who, knowing the route of the groups, would be found in those houses under the careful supervision of the women of the house.
The masked groups would also pass from village to village, and even into taverns or some room specially reserved for dances.
The masked dancers could only do three dances and then, at the request of the girl, they had to take off their tomât or leave. They received food to take away for the final dinner or crostoli or polen-
ta or wine to be consumed on the spot.
It was customary to improvise a ‘little speech’ or a satirical skit
against political administrators or other well-known personalities
in the local community. In these skits, called comic skits, zataris
satire or strîts, the masqueraders’ voices were deliberately altered and shrill, almost a bird’s trill.
They were thought up before leaving for the masquerade, and
then developed on the spot. It was a great feast for young and old, especially males, as women and children were not usually allowed to masquerade.
“From the early years of the last century, the group of large papi- er- mâché heads was grafted onto the traditional ‘a biel’ and ‘a brut’ groups. We can point to this period as the beginning of the decline of the traditional masked groups, i.e. those linked to the use of tomâts.
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THE TOMÂT
The tomât, origin of the name of the Tarcento carnival mask.
The first time that the wooden masks of Taranto were called Tomaz was in 1964 when Gaetano Perusini, publishing “Mascherate
rituali in Friuli” in Alpes Orientales reported: “The masks of the
Torre valley are called Tomaz and are made from twisted trunks or stumps; ...”.
Prof. Andreina Nicoloso and Dr. Luigi Ciceri in “Il Carnevale in Friuli” in 1967 wrote that wooden carnival masks have different names
in Friuli, depending on the area. In the Valle del Torre there are several names: tomât, mascare, moretine, burutine.
“The appellation tomàt was widespread in central-eastern Friuli
and was called the leader of the masked group, but there are at
least two other definitions: one indicates him as a hypothetical groom who would go in search of the girl and one indicates the
typical Friulian peasant (deriving perhaps from Tomâs -Tommaso), often present in the commedia dell’arte. Professor Ciceri stated:
‘It is certain, however, that by now the tomàt is par excellence the wooden mask that has its preserved habitat in the Tarcento area’.
Together with Andreina Nicoloso Ciceri, her husband Luigi Ciceri
also carried out considerable research work. In the 1960s, he planned a collection of systematic corpuses (folk tales, songs and villotte, ex-votos, ...) for the Friuli Philological Society. This work led him to discover and purchase about seventy masks: in Sammar- denchia, in Coja, in Bulfons, in Malmaseria, in Billerio. They are now
all part of the Udine Municipal Museums.
It was not easy to find the masks because they were burnt or thrown away to maintain the anonymity of the person who wore them.
The folk group ‘Chino Ermacora’ of Tarcento uses tomâts in one of their dances called ‘The Masks’. In 1968, Olvino Del Medico made the masks for the group to stage this dance rich in symbolic fig- ures. This dance finds inspiration in the ancient folklore of the Val Torre, Tarcento in particular, with close reference to the millenary tradition of the pignarûi, the large bonfires that are still lit on Epiphany night in the Tarcento basin. The event is intended to conclude the Advent and Christmas period and begin the joyous time of carnival. In the dance, a young dancer dressed in a carnival mask bursts in and defeats the old hag.
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CONSTRUCTION OF A TOMÂT
The creators of the masks were not sculptors, often not even wood craftsmen, in fact the majority were humble masons or peasants, often the masqueraders themselves.
The Carnival of Taranto did not have any characteristic figures
or characters to represent, allowing the mask-maker maximum imagination.
The choice of wood fell preferably on: vencjaresse (willow), very present in the vineyards of the time - olnâr (alder), for its reddish colour - cocolâr (walnut), which does not split and has no ribbing - tei (linden), a decorative tree easily found in our woods - olm (elm) pôl (the poplar), morâr (the mulberry tree), or other wood with particular conformations (knots, hollows, protuberances) suitable for exploiting the bizarre and disfiguring aspects typical of this
kind of masks.
The dark and contrasting colours, the addition of lumps, pig’s or boar’s teeth, horns, horsehair or pig’s hair for beards, moustaches or eyebrows, made their appearance even scarier.
The interior finish, which was meant to ensure wearability, could
be either neatly finished or with coarse gouge marks that very
often caused injuries to the wearer’s face. Sometimes the inside was padded to avoid direct contact of the face with the wood if it was not well finished.
In addition to the more common tools that were in every house-
hold such as saws and hatchets of various sizes some tools were specially made, such as gouges and chisels, in local forges.
Today’s masons use the same types of wood but also try their hand at experimenting with new woods because they are easier to find. The commercial offer of gouges and chisels today is very wide,
both in terms of shape and size. The wooden mallet replaces the
iron hammers or mallets of the past.
Even for decoration today there is experimentation, ranging from natural finishes when the wood has characteristic veining and
natural colour variations between different depths of wood, such
as mulberry. Or finished with only waxes of different colours.
Acrylic or oil colours are then used, finished with polished waxes
or antiquing waxes and then rubbed in with fine straw for a very effective chiaroscuro effect.
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